“La scoperta della Grotta Azzurra” nasce dal breve soggiorno caprese di Kopisch nel 1826. Lo scrittore tedesco segnalò immediatamente la “scoperta” vergando una nota nel registro degli ospiti dell’albergo Pagano a Capri: “Agli amici delle bellezze meravigliose di natura fo conoscere che… scopersi la Grotta la quale una timorosa superstizione per molti secoli impedì di visitare. Fin ora essa è accessibile solo ai buoni nuotatori; se il mare è affatto calmo, è agevole entrarvi anche in un piccolo canotto, ma è pericoloso perché il minimo vento che s’eleva rende impossibile l’uscirne. Noi la chiamammo Grotta Azzurra perché la luce della profondità del mare rischiara d’azzurro il suo ampio spazio…”.
Collana "Italia"
August Kopisch
La scoperta della Grotta Azzurra
“La scoperta della Grotta Azzurra” nasce dal breve soggiorno caprese di Kopisch nel 1826. Lo scrittore tedesco segnalò immediatamente la “scoperta” vergando una nota nel registro degli ospiti dell’albergo Pagano a Capri: “Agli amici delle bellezze meravigliose di natura fo conoscere che… scopersi la Grotta la quale una timorosa superstizione per molti secoli impedì di visitare. Fin ora essa è accessibile solo ai buoni nuotatori; se il mare è affatto calmo, è agevole entrarvi anche in un piccolo canotto, ma è pericoloso perché il minimo vento che s’eleva rende impossibile l’uscirne. Noi la chiamammo Grotta Azzurra perché la luce della profondità del mare rischiara d’azzurro il suo ampio spazio…”.
Vera Maone
Coppie
Una coppia stava camminando nella savana, nell’oriente dell’Africa, mentre iniziava la stagione delle piogge. Era l’epoca assai remota del Pliocene, nell’Era Terziaria, che è come dire prima del prima, e quella donna e quell’uomo, a dire il vero, assomigliavano ancora parecchio alle scimmie, sebbene camminassero eretti e non avessero la coda.
Il vulcano Sadiman stava gettando lapilli dal cratere, come sempre, e la distesa di cenere conservò quei passi, attraverso tutti i tempi perduti nel tempo.
Sotto i grigi letti di cenere vulcanica, le impronte rimasero intatte. E le impronte ci dicono, adesso, che la donna e l’uomo stavano camminando insieme, quando a un certo punto lei si fermò, tentennò, cambiò strada, fece alcuni passi per conto suo e poi tornò al cammino condiviso.
Le tracce umane più antiche hanno lasciato, quindi, il segno di un dubbio.
Qualche tempo è passato. Il dubbio resta.
Eduardo Galeano
Ursula Salwa, Attilio Wanderlingh
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